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VIDEO DIRETTA NM - Napoli, la presentazione del docufilm “Sarò con te” allo Stadio Maradona, il regista Bosello: "ADL dà inizio alla storia, Spalletti protagonista come la città, ci sarà anche una serie tv di 4 episodi", Cini: "Spalletti riesce a stupire", Lombardo: "Nulla di finto e costruito"
02.05.2024 11:08 di Redazione

NAPOLI - Si è tenuta allo stadio Diego Armando Maradona la presentazione in conferenza stampa del docufilm "Sarò con te" del regista Andrea Bosello sullo scudetto del Napoli. Ecco le video dirette di "Napoli Magazine".

Nicola Lombardo, capo ufficio stampa della SSC Napoli, ha rilasciato alcune dichiarazioni in occasione della conferenza stampa di presentazione del docufilm "Sarò con te" sulla vittoria dello scudetto del Napoli. Ecco quanto evidenziato da "Napoli Magazine": "E' un'opera splendida, non solo perchè è stata curata in maniera magistrale, ma perchè per la prima volta in Italia le telecamere sono entrate all'interno - non c'è nulla di finto e costruito in quello che vedrete - degli spogliatoi, del centro sportivo, grazie alla disponibilità anche di Spalletti al quale abbiamo chiesto di poter agevolare, in un momento delicato in cui il Napoli stava andando benissimo, e un altro allenatore si sarebbe potuto rifiutare. Avevamo detto a Spalletti 'noi entriamo sempre con le telecamere, poi se tu avessi qualcosa da ridire alzi la mano e si bloccano', penso sia successo solo all'inizio un paio di volte, per il resto poi, vedrete tutto quello che è stato detto. Se guardate la serie su Totti, il personaggio più rilevante che resta impresso è Spalletti interpretato da Tognazzi, figuratevi vedere uno Spalletti vero!".

Andrea Bosello, regista, ha affermato, come evidenziato da "Napoli Magazine": "Ci tengo a sottolineare che è un film fatto da dei documentaristi che hanno avuto accesso e la libertà assoluta, perchè il presidente ha avuto l'intelligenza di lasciare a noi la libertà creativa, narrativa, e quindi tutto ciò che vediamo qui è quello che veramente è accaduto. La storia la conoscete tutti  sappiamo come va a finire, ma non è stata vista dentro a questo punto di vista che è lo spogliatoio, che non è solo lo spogliatoio del Maradona, non è solo lo spogliatoio di Castel Volturno. Gli spogliatoio sono luoghi dove è difficilissimo entrare, ci sono delle gerarchie, molto spesso dettate dalla scaramanzia, ma anche l'autobus della squadra è uno spogliatoio. Ci sono momenti che vedrete per la prima volta, vedrete i volti dei protagonisti, i pensieri, le loro parole e soprattutto quelle di Luciano Spalletti perchè ci siamo accorti naturalmente che Spalletti era il protagonista di questa storia, nel senso che guardando il materiale abbiamo compreso che se dovevamo cercare un protagonista non potevamo che trovarlo in Luciano Spalletti per il suo ruolo, ma anche per il carattere assolutamente peculiare dell'uomo che è un uomo di campagna, un contadino, come lui ama vedersi e un grande uomo di sport. In lui abbiamo trovato l'Obi-Wan Kenobi di questa storia. Lui è il nostro grande protagonista e l'altro grande protagonista di questa storia è la città che molto naturalmente entra nelle trame del racconto ed è la vera protagonista di questa storia. In questa stagione gli antagonisti della squadra sono stati antagonisti sportivi, non c'è stato un antagonista nel campionato, perchè il Napoli ha vinto lo scudetto facilmente. Abbiamo trovato l'antagonista in alcuni momenti del campionato dove la squadra ha dovuto arrendersi alla sconfitta. Il presidente è protagonista motore di questa storia, ma è presente solo all'inizio perchè con la frase (faremo di tutto per riportare lo scudetto a Napoli, ndr) innesca la storia, non è l'antagonista di Spalletti. Non è il coprotagonista, dà solo inizio alla storia. La genesi di questo documentario parte da molto lontano, abbiamo scritto una serie sui 7 anni di Diego a Napoli, serie che stiamo continuando a produrre e a lavorare. In questi anni ci siamo trovati a discutere spessissimo sulla possibilità che il Napoli vincesse lo scudetto e abbiamo pensato di collocare telecamere nei posti giusti. Lo spogliatoio di una squadra di calcio è un luogo delicatissimo, ha le sue gerarchie, è pieno di tensioni naturali dello sport. Una telecamera cambia l'atmosfera, siamo entrati nello spogliatoio piano piano, con l'occhio di una sola persona che ha trovato i punti di vista giusti per raccontare questa storia, perchè persone estranee a questa famiglia possono smuovere sentimenti, poi siamo diventati parte di questa famiglia. Veniamo da una esperienza professionale di 15 anni, siamo abituati a seguire le regole di una squadra così importante. Autorevolezza e intrattenimento, abbiamo seguito queste due regole. I fatti prima di tutto e andavano sintetizzati, i caratteri emergono e i conflitti naturali vengono fuori, parlo di ciò che afferisce al nostro lavoro di narratori. Se qualcuno subiva più di altri la telecamera? Sì, ma questa cosa viene espulsa naturalmente dalle maglie della selezione, per montare un'intervista buona di pochi minuti ci vogliono ore di intervista e poi anche i più timidi cominciano ad entrare in un percorso psicanalitico in cui tutti hanno raccontato qualcosa di sincero e di emotivo. I calciatori hanno un loro linguaggio, sanno che non si possono spostare dalla mediana ma hanno provato ad esprimere le loro emozioni. Nei grandi documentari sportivi di solito i giocatori raccontano esperienze sportive avute 20 anni prima. Questi giovani protagonisti lo hanno vissuto con una aderenza temporale molto più stretta. Abbiamo iniziato a scrivere questa storia attendendo ogni domenica l'esito, ma un giorno Nicola Lombardo mi ha chiesto: 'e se non vinciamo il campionato?'. Gli ho risposto: 'per me è ancora meglio, sarà la più grande debacle della storia!' (ride, ndr). Siamo partiti con questa idea quando il Napoli di Spalletti ha cominciato ad essere fortissimo, l'anno precedente è caduto per pochi punti. Ho pensato che il gioco valesse la candela. Gli animi sono un po' più alterati quando si perde, ma avendo una sola telecamera, c'eravamo ma quando non era il caso stavamo fuori, ma alla fine quelli sono i momenti più interessanti, dovevamo esser capaci di raccoglierli, però nella delusione di una sconfitta è marginale che ci sia una telecamera, non c'è stato un grande problema se non entrare, è bastata un po' di delicatezza, poi una delusione sportiva si digerisce. La città ad un certo punto diventa protagonista del racconto, perchè il carattere di questa città, io sono napoletano adottato, sono nato in Friuli ed arrivato a Napoli quando il Napoli vinceva il primo scudetto con Diego e sono rimasto sconvolto da questa esplosione di gioia popolare e ho deciso di seguire particolarmente questa traccia, sapevo sarebbe stato qualcosa di straordinario. Dopo 33 anni una intera generazione vede questi festeggiamenti, me l'avevano raccontato ed è proprio così, c'è una antropologia della gioia, accade qualcosa di incredibile che non accade in altre città. In questo preciso momento del tempo emerge questa cosa di quanto i popoli abbiano una loro personalità. Quale è stata la prima scena girata e quale calciatore ha i tempi dell'attore? Ci sono miei preferiti, tanti hanno i tempi del cinema, come Elmas, Jesus, Kvara nella sua lingua, tantissimo Osimhen che è il personaggio più drammatico come caratteri. Come un Denzel Washington. I primi momenti sono stati prima della pausa, il momento più brutto è stato il Milan, i 4 gol pesavano anche sulle nostre spalle, tanto che a un certo punto il mister diceva 'ma non è colpa loro!'. Poi siamo stati messi in tribuna stampa con la Juve per scaramanzia. Devo ringraziare il Milan e la Salernitana. Anche Anguissa è un grande protagonista. Come documentario si avvale di tutto il materiale di archivio che siamo stati capaci di recuperare e che aveva senso inserire. E' un documentario al 101%, i protagonisti extrasportivi servono da coro per contestualizzare elementi del racconto che definiscono certi caratteri, abbiamo cercato di scegliere tra i tifosi più conosciuti e persone che avevano la capacità di raccontare la napoletanità in modo internazionale, ad esempio Robert Del Naja dei Massive Attack racconta come un inglese possa vivere del emozioni del Maradona, ci sono Silvio Orlando, Toni Servillo, Salvatore Esposito, Marco D'amore, Luisa Ranieri. il lavoro è iniziato da una serie, che vedrà la luce dopo il film è fatta di 4 episodi e mentre il film racconta dal giorno in cui parte la sfida per vincere lo scudetto a quando i ragazzi alzano la coppa, la serie racconta molto di più, c'è molto di più un contrasto tra le varie anime di questa equipe e racconta quello che nel film non si poteva vedere per questione temporale, come l'addio di Spalletti. Nella serie c'è Ruggero Cappuccio che racconta cos'è essere napoletani e qual è l'anima della città. Nella troupe, contando tutti quelli che hanno lavorato nello stadio, in città, nelle interviste fatte in Inghilterra, a Roma a Milano ci sono una 80ina di persone, ci sono costi standard per i documentari, è un genere adottato in pieno dalle piattaforme, ci sono standard internazionali che è di circa 6mila euro al minuto, un minuto di Fifa costa 25mila euro. Il presidente dopo aver visto il materiale ha avuto le sue idee, gli è piaciuto e ha detto di fare il film. E' un documentario che dura un'ora e 40 minuti. Resterà comunque nella storia della città, tra 30 anni qualcuno lo andrà a pescare e ci farà qualche altra cosa, per mesi l'abbiamo visto dentro la moviola e proiettato al cinema la prima volta ci sono venuti i brividi, al cinema tutto viene amplificato. Si vivrà un'altra emozione. C'è chi dice me lo vedo col 'pezzotto', vuol dire che un'opera ha avuto successo, ma andare a cinema vuol dire fare un'altra esperienza collettiva. Stai vivendo una cosa che ha il suo peso specifico. Il momento più bello, che poi è la scena finale del docufilm, è stata l'inquadratura del mister da solo al Maradona, stavamo solo io e lui per un minuto ed è l'immagine che mi porto più dietro. Il mister alzava la mano perchè aveva bisogno di stare lui e la squadra, lo faceva perchè così faceva capire alla squadra che aveva il controllo della situazione. Poi sono stato cacciato svariate volte dallo spogliatoio, sono tignoso. Ad esempio, quando ho conosciuto James Cameron a Los Angeles mi accorgo che non abbiamo l'entrata in scena e gli chiedo di rifarla. Tutti tremavano. Io l'ho chiesto e lui l'ha fatto. Stessa cosa con Luciano, bisogna essere tignosi, mi facevo cacciare dallo spogliatoio. Spalletti dal punto di vista cinematografico che caratteristiche ha? Spalletti è una figura tragica, è quello che più di tutti assomiglia ad un protagonista di una tragedia greca. La prima volta che Spalletti mi ha visto, mi ha chiesto se non avessi mai lavorato la terra. Mi ha dato l'ispirazione su come chiudere il film, mi ha fatto capire di dover stare nella storia 12 ore al giorno e con questo spirito da samurai abbiamo lavorato al film. Mai pensato di gettare la spugna, nelle difficoltà puoi trovare ispirazioni creative, non fa parte del mio carattere e del carattere del mio team, questa cosa era troppo importante, questa cosa resterà per i prossimi 30 anni, racconta uno dei momenti più importanti della storia della città sportivamente parlando. Se c'è stato qualcosa che abbiamo pensato non si potesse mettere? Pochissime bestemmie, momenti divertentissimi che non hanno trovato spazio a livello narrativo, scherzi di Spalletti, giochi, Juan Jesus è molto divertente, crea nello spogliatoio un clima positivo, la narrazione prende il sopravvento, deve essere veloce e molte cose le lasci da parte. Quando e dove la serie? Non l'abbiamo ancora finita, prima la finiamo e poi capiamo. Gli uomini vengono influenzati dalla presenza di un occhio che ti osserva, ci sono tecniche di lavoro, cerchi di sparire, ma non sparisci mai fino in fondo e credo che loro si siano sentiti investiti di una responsabilità in più, ma è tutta farina del loro sacco la vittoria dello scudetto. Se mi sono fatto una idea del segreto dello scudetto azzurro? Starace è un elemento fondamentale della rosa del Napoli, come Meret e Osimhen, ci sono degli equilibri in una squadra di calcio che sono delicatissimi e sono imprescindibili l'uno dall'altro. Sono brave persone innanzitutto, quindi tutte le volte che hanno giocato, si sono portati dietro questa cosa. In questa squadra l'amalgama era fortissima, queste brave persone si sono portate sulle spalle questa responsabilità, l'hanno sentita e hanno conquistato lo scudetto dopo 33 anni. Ci sono meriti dell'area tecnica e dell'area sportiva allargata, tutti hanno costituito quest'armatura che ha portato la squadra a vincere. Il film esce nelle sale il 4 maggio, ma il 3 maggio in anteprima. 150 copie in tutta Italia".

 

Andrea Cini, coautore e aiuto regista, ha affermato, come evidenziato da "Napoli Magazine": "Il vestiario era molto importante, essere percepiti come alieni era ancora più semplice, per stare lì dentro serviva anche vestirsi come loro e dalla volta successiva abbiamo avuto quelle tute, che creavano un effetto diverso, ti devi calare in un luogo sacro e qualsiasi elemento esterno può creare difficoltà, siamo stati aiutati dall'avere un operatore conosciuto dalla squadra e dal mister. Il momento più difficile è stato farli uscire dal seminato, durante le partite non dovevamo far notare la nostra presenza. A Capodichino abbiamo spedito l'operatore sopra l'autobus e ha ripreso cose incredibili. Spalletti è legato alla sua terra e la rappresenta, soprattutto a livello dialettico e nel modo in cui si rapporta. Spalletti dice le cose sue, che dice solo lui, non fa discorsi motivazionali, riesce sempre a stupire".

Rosa Petrazzuolo

Napoli Magazine

Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com

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di Napoli Magazine

02/05/2024 - 11:08

NAPOLI - Si è tenuta allo stadio Diego Armando Maradona la presentazione in conferenza stampa del docufilm "Sarò con te" del regista Andrea Bosello sullo scudetto del Napoli. Ecco le video dirette di "Napoli Magazine".

Nicola Lombardo, capo ufficio stampa della SSC Napoli, ha rilasciato alcune dichiarazioni in occasione della conferenza stampa di presentazione del docufilm "Sarò con te" sulla vittoria dello scudetto del Napoli. Ecco quanto evidenziato da "Napoli Magazine": "E' un'opera splendida, non solo perchè è stata curata in maniera magistrale, ma perchè per la prima volta in Italia le telecamere sono entrate all'interno - non c'è nulla di finto e costruito in quello che vedrete - degli spogliatoi, del centro sportivo, grazie alla disponibilità anche di Spalletti al quale abbiamo chiesto di poter agevolare, in un momento delicato in cui il Napoli stava andando benissimo, e un altro allenatore si sarebbe potuto rifiutare. Avevamo detto a Spalletti 'noi entriamo sempre con le telecamere, poi se tu avessi qualcosa da ridire alzi la mano e si bloccano', penso sia successo solo all'inizio un paio di volte, per il resto poi, vedrete tutto quello che è stato detto. Se guardate la serie su Totti, il personaggio più rilevante che resta impresso è Spalletti interpretato da Tognazzi, figuratevi vedere uno Spalletti vero!".

Andrea Bosello, regista, ha affermato, come evidenziato da "Napoli Magazine": "Ci tengo a sottolineare che è un film fatto da dei documentaristi che hanno avuto accesso e la libertà assoluta, perchè il presidente ha avuto l'intelligenza di lasciare a noi la libertà creativa, narrativa, e quindi tutto ciò che vediamo qui è quello che veramente è accaduto. La storia la conoscete tutti  sappiamo come va a finire, ma non è stata vista dentro a questo punto di vista che è lo spogliatoio, che non è solo lo spogliatoio del Maradona, non è solo lo spogliatoio di Castel Volturno. Gli spogliatoio sono luoghi dove è difficilissimo entrare, ci sono delle gerarchie, molto spesso dettate dalla scaramanzia, ma anche l'autobus della squadra è uno spogliatoio. Ci sono momenti che vedrete per la prima volta, vedrete i volti dei protagonisti, i pensieri, le loro parole e soprattutto quelle di Luciano Spalletti perchè ci siamo accorti naturalmente che Spalletti era il protagonista di questa storia, nel senso che guardando il materiale abbiamo compreso che se dovevamo cercare un protagonista non potevamo che trovarlo in Luciano Spalletti per il suo ruolo, ma anche per il carattere assolutamente peculiare dell'uomo che è un uomo di campagna, un contadino, come lui ama vedersi e un grande uomo di sport. In lui abbiamo trovato l'Obi-Wan Kenobi di questa storia. Lui è il nostro grande protagonista e l'altro grande protagonista di questa storia è la città che molto naturalmente entra nelle trame del racconto ed è la vera protagonista di questa storia. In questa stagione gli antagonisti della squadra sono stati antagonisti sportivi, non c'è stato un antagonista nel campionato, perchè il Napoli ha vinto lo scudetto facilmente. Abbiamo trovato l'antagonista in alcuni momenti del campionato dove la squadra ha dovuto arrendersi alla sconfitta. Il presidente è protagonista motore di questa storia, ma è presente solo all'inizio perchè con la frase (faremo di tutto per riportare lo scudetto a Napoli, ndr) innesca la storia, non è l'antagonista di Spalletti. Non è il coprotagonista, dà solo inizio alla storia. La genesi di questo documentario parte da molto lontano, abbiamo scritto una serie sui 7 anni di Diego a Napoli, serie che stiamo continuando a produrre e a lavorare. In questi anni ci siamo trovati a discutere spessissimo sulla possibilità che il Napoli vincesse lo scudetto e abbiamo pensato di collocare telecamere nei posti giusti. Lo spogliatoio di una squadra di calcio è un luogo delicatissimo, ha le sue gerarchie, è pieno di tensioni naturali dello sport. Una telecamera cambia l'atmosfera, siamo entrati nello spogliatoio piano piano, con l'occhio di una sola persona che ha trovato i punti di vista giusti per raccontare questa storia, perchè persone estranee a questa famiglia possono smuovere sentimenti, poi siamo diventati parte di questa famiglia. Veniamo da una esperienza professionale di 15 anni, siamo abituati a seguire le regole di una squadra così importante. Autorevolezza e intrattenimento, abbiamo seguito queste due regole. I fatti prima di tutto e andavano sintetizzati, i caratteri emergono e i conflitti naturali vengono fuori, parlo di ciò che afferisce al nostro lavoro di narratori. Se qualcuno subiva più di altri la telecamera? Sì, ma questa cosa viene espulsa naturalmente dalle maglie della selezione, per montare un'intervista buona di pochi minuti ci vogliono ore di intervista e poi anche i più timidi cominciano ad entrare in un percorso psicanalitico in cui tutti hanno raccontato qualcosa di sincero e di emotivo. I calciatori hanno un loro linguaggio, sanno che non si possono spostare dalla mediana ma hanno provato ad esprimere le loro emozioni. Nei grandi documentari sportivi di solito i giocatori raccontano esperienze sportive avute 20 anni prima. Questi giovani protagonisti lo hanno vissuto con una aderenza temporale molto più stretta. Abbiamo iniziato a scrivere questa storia attendendo ogni domenica l'esito, ma un giorno Nicola Lombardo mi ha chiesto: 'e se non vinciamo il campionato?'. Gli ho risposto: 'per me è ancora meglio, sarà la più grande debacle della storia!' (ride, ndr). Siamo partiti con questa idea quando il Napoli di Spalletti ha cominciato ad essere fortissimo, l'anno precedente è caduto per pochi punti. Ho pensato che il gioco valesse la candela. Gli animi sono un po' più alterati quando si perde, ma avendo una sola telecamera, c'eravamo ma quando non era il caso stavamo fuori, ma alla fine quelli sono i momenti più interessanti, dovevamo esser capaci di raccoglierli, però nella delusione di una sconfitta è marginale che ci sia una telecamera, non c'è stato un grande problema se non entrare, è bastata un po' di delicatezza, poi una delusione sportiva si digerisce. La città ad un certo punto diventa protagonista del racconto, perchè il carattere di questa città, io sono napoletano adottato, sono nato in Friuli ed arrivato a Napoli quando il Napoli vinceva il primo scudetto con Diego e sono rimasto sconvolto da questa esplosione di gioia popolare e ho deciso di seguire particolarmente questa traccia, sapevo sarebbe stato qualcosa di straordinario. Dopo 33 anni una intera generazione vede questi festeggiamenti, me l'avevano raccontato ed è proprio così, c'è una antropologia della gioia, accade qualcosa di incredibile che non accade in altre città. In questo preciso momento del tempo emerge questa cosa di quanto i popoli abbiano una loro personalità. Quale è stata la prima scena girata e quale calciatore ha i tempi dell'attore? Ci sono miei preferiti, tanti hanno i tempi del cinema, come Elmas, Jesus, Kvara nella sua lingua, tantissimo Osimhen che è il personaggio più drammatico come caratteri. Come un Denzel Washington. I primi momenti sono stati prima della pausa, il momento più brutto è stato il Milan, i 4 gol pesavano anche sulle nostre spalle, tanto che a un certo punto il mister diceva 'ma non è colpa loro!'. Poi siamo stati messi in tribuna stampa con la Juve per scaramanzia. Devo ringraziare il Milan e la Salernitana. Anche Anguissa è un grande protagonista. Come documentario si avvale di tutto il materiale di archivio che siamo stati capaci di recuperare e che aveva senso inserire. E' un documentario al 101%, i protagonisti extrasportivi servono da coro per contestualizzare elementi del racconto che definiscono certi caratteri, abbiamo cercato di scegliere tra i tifosi più conosciuti e persone che avevano la capacità di raccontare la napoletanità in modo internazionale, ad esempio Robert Del Naja dei Massive Attack racconta come un inglese possa vivere del emozioni del Maradona, ci sono Silvio Orlando, Toni Servillo, Salvatore Esposito, Marco D'amore, Luisa Ranieri. il lavoro è iniziato da una serie, che vedrà la luce dopo il film è fatta di 4 episodi e mentre il film racconta dal giorno in cui parte la sfida per vincere lo scudetto a quando i ragazzi alzano la coppa, la serie racconta molto di più, c'è molto di più un contrasto tra le varie anime di questa equipe e racconta quello che nel film non si poteva vedere per questione temporale, come l'addio di Spalletti. Nella serie c'è Ruggero Cappuccio che racconta cos'è essere napoletani e qual è l'anima della città. Nella troupe, contando tutti quelli che hanno lavorato nello stadio, in città, nelle interviste fatte in Inghilterra, a Roma a Milano ci sono una 80ina di persone, ci sono costi standard per i documentari, è un genere adottato in pieno dalle piattaforme, ci sono standard internazionali che è di circa 6mila euro al minuto, un minuto di Fifa costa 25mila euro. Il presidente dopo aver visto il materiale ha avuto le sue idee, gli è piaciuto e ha detto di fare il film. E' un documentario che dura un'ora e 40 minuti. Resterà comunque nella storia della città, tra 30 anni qualcuno lo andrà a pescare e ci farà qualche altra cosa, per mesi l'abbiamo visto dentro la moviola e proiettato al cinema la prima volta ci sono venuti i brividi, al cinema tutto viene amplificato. Si vivrà un'altra emozione. C'è chi dice me lo vedo col 'pezzotto', vuol dire che un'opera ha avuto successo, ma andare a cinema vuol dire fare un'altra esperienza collettiva. Stai vivendo una cosa che ha il suo peso specifico. Il momento più bello, che poi è la scena finale del docufilm, è stata l'inquadratura del mister da solo al Maradona, stavamo solo io e lui per un minuto ed è l'immagine che mi porto più dietro. Il mister alzava la mano perchè aveva bisogno di stare lui e la squadra, lo faceva perchè così faceva capire alla squadra che aveva il controllo della situazione. Poi sono stato cacciato svariate volte dallo spogliatoio, sono tignoso. Ad esempio, quando ho conosciuto James Cameron a Los Angeles mi accorgo che non abbiamo l'entrata in scena e gli chiedo di rifarla. Tutti tremavano. Io l'ho chiesto e lui l'ha fatto. Stessa cosa con Luciano, bisogna essere tignosi, mi facevo cacciare dallo spogliatoio. Spalletti dal punto di vista cinematografico che caratteristiche ha? Spalletti è una figura tragica, è quello che più di tutti assomiglia ad un protagonista di una tragedia greca. La prima volta che Spalletti mi ha visto, mi ha chiesto se non avessi mai lavorato la terra. Mi ha dato l'ispirazione su come chiudere il film, mi ha fatto capire di dover stare nella storia 12 ore al giorno e con questo spirito da samurai abbiamo lavorato al film. Mai pensato di gettare la spugna, nelle difficoltà puoi trovare ispirazioni creative, non fa parte del mio carattere e del carattere del mio team, questa cosa era troppo importante, questa cosa resterà per i prossimi 30 anni, racconta uno dei momenti più importanti della storia della città sportivamente parlando. Se c'è stato qualcosa che abbiamo pensato non si potesse mettere? Pochissime bestemmie, momenti divertentissimi che non hanno trovato spazio a livello narrativo, scherzi di Spalletti, giochi, Juan Jesus è molto divertente, crea nello spogliatoio un clima positivo, la narrazione prende il sopravvento, deve essere veloce e molte cose le lasci da parte. Quando e dove la serie? Non l'abbiamo ancora finita, prima la finiamo e poi capiamo. Gli uomini vengono influenzati dalla presenza di un occhio che ti osserva, ci sono tecniche di lavoro, cerchi di sparire, ma non sparisci mai fino in fondo e credo che loro si siano sentiti investiti di una responsabilità in più, ma è tutta farina del loro sacco la vittoria dello scudetto. Se mi sono fatto una idea del segreto dello scudetto azzurro? Starace è un elemento fondamentale della rosa del Napoli, come Meret e Osimhen, ci sono degli equilibri in una squadra di calcio che sono delicatissimi e sono imprescindibili l'uno dall'altro. Sono brave persone innanzitutto, quindi tutte le volte che hanno giocato, si sono portati dietro questa cosa. In questa squadra l'amalgama era fortissima, queste brave persone si sono portate sulle spalle questa responsabilità, l'hanno sentita e hanno conquistato lo scudetto dopo 33 anni. Ci sono meriti dell'area tecnica e dell'area sportiva allargata, tutti hanno costituito quest'armatura che ha portato la squadra a vincere. Il film esce nelle sale il 4 maggio, ma il 3 maggio in anteprima. 150 copie in tutta Italia".

 

Andrea Cini, coautore e aiuto regista, ha affermato, come evidenziato da "Napoli Magazine": "Il vestiario era molto importante, essere percepiti come alieni era ancora più semplice, per stare lì dentro serviva anche vestirsi come loro e dalla volta successiva abbiamo avuto quelle tute, che creavano un effetto diverso, ti devi calare in un luogo sacro e qualsiasi elemento esterno può creare difficoltà, siamo stati aiutati dall'avere un operatore conosciuto dalla squadra e dal mister. Il momento più difficile è stato farli uscire dal seminato, durante le partite non dovevamo far notare la nostra presenza. A Capodichino abbiamo spedito l'operatore sopra l'autobus e ha ripreso cose incredibili. Spalletti è legato alla sua terra e la rappresenta, soprattutto a livello dialettico e nel modo in cui si rapporta. Spalletti dice le cose sue, che dice solo lui, non fa discorsi motivazionali, riesce sempre a stupire".

Rosa Petrazzuolo

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